Temperature miti, quasi primaverili, hanno interessato la Puglia nelle ultime 72 ore. Più di qualcuno ha approfittato per fare una passeggiata in spiaggia, magari l’ultima del 2021, e qualche impavida ha accennato anche un bagno complice i 18-20° che hanno interessato alcune zone costiere.

A questo scenario roseo però si contrappone una novità che sta facendo sobbalzare i meterologi: in molti parlano dell’arrivo di un nuovo vortice polare che potrebbe portare un gelo cosi forte da ripetere quanto avvenne nel 1985.

Il gennaio 1985 è stato uno dei mesi più freddi della storia in Italia e in molte aree dell’Europa dal punto di vista meteorologico, con temperature ovunque abbondantemente al di sotto delle medie stagionali fino al giorno 17 per l’ondata di freddo che la caratterizzò assieme all’omonima concomitante “nevicata del secolo” nel nord Italia.

Come quest’anno anche nel 1985 ci furono delle temperature insolitamente miti: Ad esempio martedì 11 dicembre Torino Caselle registrò una massima di +17,6 °C, una massima che sembrava più tipica di marzo o aprile che non di dicembre (per dicembre la massima normale è di circa di +7 °C).

Nell’ultima parte del mese, si approfondì un’intensa depressione a est della Sicilia (isobare del 25 dicembre), che determinò insistenti piogge torrenziali sulle regioni joniche e in Basilicata, con neve sui relativi rilievi e nelle zone interne della Puglia; l’aria fredda richiamata da questa bassa pressione portò la neve anche in Lombardia (15 – 20 cm).

Nei primi giorni del gennaio 1985, lo scenario meteorologico europeo cambiò. Un improvviso riscaldamento della stratosfera (stratwarming) provocò un rapido riscaldamento dell’aria sovrastante alla Groenlandia. Questo causò la rottura del vortice polare, al cui posto si formò un’insolita area di pressioni alte e livellate, in congiungimento con l’Anticiclone delle Azzorre che si dispose in senso meridiano fino a raggiungere il Polo nord. A questo punto l’aria artica marittima, fredda e umida, poté giungere sul Mediterraneo scendendo lungo il lato occidentale del continente europeo ed entrando in Europa occidentale a più riprese attraverso la valle del Rodano, grazie ad un’area di bassa pressione che si stava approfondendo sui Paesi Bassi.

Il 1º gennaio il tempo risultava stabile e soleggiato sulle regioni settentrionali, sulla Toscana, sull’Alto Lazio e sulla Sardegna, con ventilazione da debole a moderata nord-orientale, temperature minime quasi ovunque prossime allo zero e massime tra i 5 e i 10 °C. Sulle regioni del medio e basso versante adriatico, sul Lazio meridionale e su tutte le regioni meridionali il cielo si presentò da parzialmente nuvoloso a molto nuvoloso con piogge e nevicate sparse, anche a quote molto basse.

Il 5 gennaio un’irruzione di aria artica molto fredda colpì in pieno l’Italia, passando prima attraverso la porta del Rodano e poi anche quella della Bora. Il contrasto tra l’aria fredda e quella assai più calda del mar Mediterraneo provocò nevicate su tutta la Toscana centro-settentrionale (comprese Firenze, Pisa e Viareggio) e anche a Bordighera, in Liguria; mentre a Trieste la bora raggiunse i 100 km/h, a Città di Castello la neve raggiunse i 100 cm. Il Veneto e la Sardegna, a parte qualche zona, vennero coperti di neve. Qualche fiocco arrivò anche a Ragusa, nella Sicilia meridionale.

Il 6 gennaio una perturbazione di origine africana raggiunse il Lazio e l’Italia centro-meridionale richiamando aria calda da sud che strisciò sopra l’aria gelida. Questo provocò intense nevicate lungo il litorale tirrenico laziale, compresa Roma, nelle Marche, in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e anche sull’isola d’Ischia. Insolita e suggestiva fu la neve con accumulo a Orbetello e Civitavecchia che, statisticamente, vivono questo evento assai raramente.
Lo stesso sistema nuvoloso, prima di raggiungere l’Italia centro-meridionale, aveva portato nuove nevicate anche lungo le coste mediterranee della Spagna e della Francia e perfino in Marocco, Algeria e Tunisia, sui cui altopiani vi fu un accumulo di quasi un metro. Particolarmente colpite da nevicate eccezionali furono Marsiglia e Barcellona. Nel capoluogo catalano la coltre di neve rimane sul suolo più di una settimana, cosa non vista dall’800. Proprio in Piazza San Pietro a Roma viene ricordato l’Angelus celebrato da Papa Giovanni Paolo II sotto la neve.

Il 7 gennaio, crollò la temperatura a Genova, Trieste, rispettivamente con -6,8 °C, -8 °C, città che raramente hanno minime molto basse a causa dello scarso fenomeno dell’irraggiamento notturno; record storico anche alla stazione meteorologica di Albenga con -12,4 °C e presso la stazione meteorologica di Capo Mele con -4,5 °C, mentre nella Riviera di Levante La Spezia registrò una temperatura minima di -7 °C. A Roma e ad Aosta le temperature minime furono rispettivamente di -8 °C e -16,4 °C. In montagna le temperature furono da primato: -21,4 °C sul Monte Cimone e -33 °C a Fusine di Tarvisio in Friuli.

L’8 gennaio continuarono le nevicate su Toscana, Lazio, Umbria, Campania e pianura padana centro-orientale; temperature gelide su Alto Adige (-30,0 °C presso la stazione meteorologica di Dobbiaco e -15 °C a Bolzano), in Veneto (-23 °C a Cortina d’Ampezzo, -27 °C a Santo Stefano di Cadore e -31 °C sul Passo Pordoi) e in Irpinia (-18 °C). Cominciarono a gelare fiumi come il Po, l’Arno e alcuni fiumi marchigiani. Nella Romagna Toscana furono raggiunti -26,0 °C di temperatura minima presso la stazione idrologica di Firenzuola: tale dato risulta essere il valore ufficiale più basso registrato presso le varie stazioni meteorologiche della Toscana dall’inizio delle relative serie storiche. Più a sud, la stazione meteorologica di Foggia Amendola raggiunse il record assoluto di -10,4 °C.
Il 9 gennaio la coltre di neve raggiunse i 40 cm su Firenze[17] e ben 80 cm in val di Cecina. A Bologna, caddero 30 cm di neve in poche ore. Ancora neve su Roma, L’Aquila, dove ormai il manto bianco superava i 50 cm, e anche su Napoli (10 cm), a Capri e lungo tutte le coste della Campania. Neve storica a Cagliari (dove il giorno precedente venne rilevata una minima di -2 °C]) e su tutta la Sardegna che apparve completamente imbiancata fin sulle coste. L’Isola venne investita da tormente di neve e in molte località poste a quote collinari si raggiunsero i 50–60 cm di manto nevoso, mentre nei paesi più alti si accumulò circa un metro di neve; accumuli consistenti si ebbero anche nelle zone pianeggianti dell’Isola. Da segnalare lo storico record di freddo di -2,0 °C lungo la costa orientale sarda presso la stazione meteorologica di Capo Bellavista, che solo in occasione delle più violente ondate di freddo riesce a scendere al di sotto dello zero.
Nel corso della mattinata, si aprirono le prime schiarite in Toscana e sull’Italia settentrionale, che furono la causa dell’intenso raffreddamento durante le notti successive. La giornata si concludeva in serata con la neve che, con alcuni fiocchi, raggiungeva anche il litorale della Sicilia, presso Punta Raisi, e nella Conca d’Oro, a seguito di un brusco abbassamento di temperatura. Mentre praticamente tutta l’Europa era nel gelo, in Groenlandia era “estate”: Nuuk registrò una minima di 0 °C e una massima di ben 9,6 °C.

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